In finanza la miopia fa male agli investimenti allora..meglio essere presbiti
IDEA – Novembre 2018
Sono dieci le lezioni che la storia insegna e Sergio Contegiacomo, ricordandole, propone una sorta di “vaccino” per immunizzare i risparmiatori dall’inevitabile male dei provvisori cali dei mercati azionari e obbligazionari.
Aridaglie”, ci risiamo! In questi giorni i mercati finanziari sono “nervosi “ e di cattivo umore: tutto scende, dalle azioni alle obbligazioni. In realtà è un film visto e rivisto. Nulla di nuovo sotto al sole. Partendo dal 1987, non può che venire alla mente il “crash” del 19 ottobre che resta il maggior crollo di Wall Street, con l’indice “Dow Jones” che perse il 22,6% in un solo giorno. Fu un calo fulmineo, violento e improvviso alimentato da una moltitudine di vendite automatiche. Eravamo agli albori del “trading” informatizzato.
Io per fortuna il 1987 l’ho vissuto solo da spettatore, ma dal 1991, anno in cui iniziai la professione di consulente finanziario, ne ho viste di ogni: dallo scoppio della bolla internet del 2000, alla caduta delle Torri gemelle del 2001; dal fallimento della banca americana “Lehman Brothers” nel 2008, al declassamento del debito americano nel 2011; dallo scoppio della bolla cinese del 2015 alla recente crisi della lira turca…
Pur essendo un addetto ai lavori anch’io ho dovuto vivere sulla mia pelle la “inevitabile malattia della discesa provvisoria dei mercati” per “crearmi” gli anticorpi.
Lo ricordo come se fosse ora.
Era l’agosto del 1998 ed ero al mare, in vacanza.
Il rublo perse in un sol giorno il 40%, la Borsa di Mosca cedette oltre il 13% trascinando al ribasso tutti i mercati europei inclusa Wall Street che, il giorno seguente, chiuse con una flessione del 4,19%. All’epoca avevo sette anni di attività e non nascondo che, essendo acerbo e inesperto, reagii somatizzando l’andamento dei mercati e l’ansia dei miei clienti che nel frattempo mi tempestavano di telefonate per chiedermi cosa fare.
Oggi, dopo 28 anni di attività, davanti ai capricci dei mercati rispondo con la conoscenza, con la competenza e con il distacco consapevole: è questione solo di tempo, tutto rientrerà con le quotazioni dei mercati che ritorneranno ai massimi già visti e che anzi… li supereranno. La storia insegna che le azioni salgono sempre nel lungo periodo. È una frase in apparenza banale, ma ampiamente suffragata dalla statistica dell’ultimo secolo, anche se non dobbiamo nasconderci che c’è un però: le lunghe fasi di rialzo (che in media durano 46 mesi) sono alternate da mercati ribassisti (13 mesi di durata) e, quando l’investitore si imbatte in queste discese spesso repentine, è difficile gestire le perdite, anche nella prospettiva di un recupero futuro.
Il termine con cui confrontarsi è “drawdown”, vale a dire la perdita tra massimi e minimi di uno strumento finanziario.
Perdita teorica, perché diventa reale solo in caso di vendita.
Il vero nemico dell’investitore è la paura e l’ansia che lo assalgono quando l’investimento va in rosso. In realtà è in questo momento che la statistica e la razionalità dovrebbero prevalere, perché nella maggioranza dei casi le correzioni sull’azionario sono contenute. Uno studio di “Goldman Sachs” evidenzia come correzioni del 10% nell’àmbito di un mercato rialzista siano frequenti.
In particolare, dal 1945 ce ne sono state ventidue: il ribasso medio su S&P 500, l’indice rappresentativo delle cinquecento aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione, è stato nell’ordine del 13% in quattro mesi e ci sono voluti successivi quattro mesi per recuperare il calo. Nella stragrande maggioranza dei casi in cui si verificano queste correzioni l’anno chiude in positivo. Poi ci sono le vere tendenze al ribasso. Focalizzando l’attenzione sugli ultimi due veri crolli, che hanno coinciso con un cambio della congiuntura economica, si può notare come la perdita dell’indice sia stata del 49% dopo il 2000 e del 57% dopo il 2007. I mesi necessari al recupero sono stati lunghi: nel primo caso sono serviti 56 mesi e nel secondo caso 49. L’investitore che incrocia queste fasi deve conteggiare statisticamente oltre 4 anni per la risalita dell’azionario.
Ci sono due tipi di “drawdown” dei mercati azionari: uno fisiologico e uno più profondo, in concomitanza dei cambi di ciclo, quindi con successiva caduta dell’economia in recessione, come nel marzo 2000, con lo scoppio della bolla internet, e alla metà del settembre 2008, con la dichiarazione di fallimento della “Lehman Brothers”.
Dalla mia esperienza ho rilevato che acquistando azionario dopo un calo del 15% del mercato si riesconegatività, un’attitudine al pessimismo. Gli investitori danno più peso a una pianta che cade (i ribassi temporanei dei mercati) piuttosto che alla foresta che cresce (le azioni salgono sempre nel lungo periodo). Mi chiedo spesso: perché nessun cliente mi telefona quando i mercati salgono, ma solo quando scendono? La seconda lezione è che, rispetto ai nostri investimenti, siamo miopi..